Il terribile stemma di Ronago approvato con decreto del P. della Rep. il 25 marzo 2009. Va bé che il portone sta indicare il confine ( e molto romanticamente i portoni delle corti). Ma araldicamente: uno stemma così brutto non se ne trovano. Si vede che quelli dell’Ufficio Onorificenze di Roma hanno fretta di far approvare tutti gli stemmi. Ma diamine! Avete visto quello di chiasso? Almeno è impreziosito da un leone. Mascetti voleva far mettere un fonte battesimale, altri una pannocchia per ricordare il furmentun. Da bocciare senza ripensamenti.
Mario Mascetti dice
Caro dott. Genovese, forse, prima di pronunciarsi in quel modo sullo stemma di Ronago, dovrebbe documentarsi meglio sulla genesi di questo stemma e sul perché “serio” “molto serio” di questa scelta.
Sono il medesimo autore dello stemma di Villa Guardia, che lei considera “degno di lode”.
È vero che non tutte le ciambelle riescono col buco. Se è vero che il pregio di uno stemma sta anche nella sua semplicità, credo che se qualcosa non manca nello stemma di Ronago c’è la semplicità. Quanto ai “portoni” sappia che nella storia di Ronago hanno un peso non da poco. Non mi citi come esempio contrapposto quello di Chiasso, che è semplicemente una variante (in peggio) dello stemma degli Albrici.
Prima si documenti a fondo sulla genesi dello stemma (compreso il fonte battesimale, che aveva una suo perché tutt’altro che marginale), poi esprima dei giudizi, che più superficiali di quello che leggo non ce ne possono essere.
Cordialmente
Mario Mascetti
Mario Mascetti dice
Mi rialzo dal letto per integrare qualche considerazione sugli apprezzamenti del dott. Genovese sullo stemma di Ronago. Mi sembra scorretto che egli pensi di sbeffeggiare sul battistero e sulla pannocchia di granoturco, oltre che sul portone. Scorretto perché cita dei dati presi dall’esterno (da me), ormai messi da parte, e li cita avulsi dal percorso di ricerca, che ne davano più che seria motivazione storica.
Si deve sapere che da “quel portone” nella prima metà dell’800 sono passati più di mille bambini esposti, contrabbandati dal Canton Ticino, portati a battezzare nella chiesa di Ronago, prima di essere consegnati al Venerando Ospitale di Como. Perciò, se si voleva fare memoria di questo “dato storico” esclusivo di Ronago (in tali proporzioni, non trovano confrontoi né con Maslianico, né con Monte Olimpino, né con Bizzarone o altro comune di frontiera) ci stava benissimo il portone (dove venivano abbandonati di notte i bambini) e il battistero di Ronago, anche in uno stemma, proprio perché lo stemma dovrebbe essere rappresentativo di una identità esclusiva. Quanto alla pannocchia, il caso di Ronago non è “generico” come ad esempio lo è per Drezzo (che nel suo stemma ha messo una pannocchia senza particolari rilievi negativi del dott. Genovese). Riguarda proprio ed esclusivamentre Ronago il più antico documento che finora si conosca in cui si nomina per la prima volta il frumento carlone, qui coltivato almeno dal 1508. Perciò, a suon di documenti, il carlone è entrato in Lombardia passando da Ronago e, guardacaso, da quel portone posto sulla strada che veniva da Chiasso, dove si svolgeva la fiera dei cavalli portati dalla Germania con il carlone, “frumento tedesco”. Questa è la storia in base a documenti, che non hanno riscontro da nessun’altra parte. Se qualcuno ha diritto e motivo di mettere una pannocchia nello stemma, senza considerarlo un simbolo banale, questo è il comune di Ronago.
Perciò, prima di banalizzare le cose, senza sapere le motivazioni, il dottor Genovese abbia l’umiltà di documentarsi. Le motivazioni per giustificare le nostre banalità noi le abbiamo. Le motivazioni per far valere le sue stroncature stanno solo nella sua presunzione. Che si occupi di araldica civica va bene e tutti gliene rendono merito. Prima però di tranciare giudizi in base a criteri astratti, farebbe bene a riflettere e a rispettare un po’ di più il lavoro di ricerca altrui. E farebbe bene anche a non utilizzare argomenti (come il battistero e la pannocchia) che sono stati tema di dibattito in fase di studio, ma poi sono stati abbandonati e non c’erntrano affatto più nello stemma, per motivare la bocciatura di uno stemma dove non compaiono. Se vuole essere corretto, la racconti per intero e con le relative motivazioni.
Grazie.
Mario Mascetti
admin dice
Gentile dottor Mascetti, la ringrazio di aver scritto al blog. E la ringrazio di aver aggiunto delle note preziose circa la storia di questo stemma.
Riconosco di essere stato un po’ cattivo, mi perdoni non ce l’avevo con lei di cui le riconosco tutta la competenza storica: non mi permetterei mai di correggerla perché non ne avrei le competenze.
Lo scopo di questo sito è di fare pubblicità ad un’opera che è stata snobbata da tutti. La partogenesi del libro mi è costata molta fatica, tante umilizioni, in primis dall’ex assessore alla cultura e tanti soldi.
Ho solamente espresso il mio parere personale avulso da ogni competenza araldica. In fondo questo è un blog e non un poderoso tomo serioso. Nel blog tutto viene raccontato senza nessuna presunzione. Sono felice che lei mi smentisca. Lo scopo di questo sito è anche quello di incoraggiare un dialogo tra le amministrazioni, lo stato e i cittadini. Mi sarebbe davvero piaciuto che fosse inserito il fonte battesimale. Il portone e i colori che riecheggiano i colori della bandiera italiana, a mio avviso, danno un aspetto troppo semplicistico allo stemma. L’araldica è cosa molto più profonda. Lo stemma è stato approvato di recente e conoscendo l’ambiente a Roma, non mi meraviglia che l’ufficio onorificenze abbia approvato uno stemma minimo pur di completare l’iter di riconoscimento di tutti gli stemmi dei comuni di Italia.
E’ comunque per mio merito se tutti gli stemmi che vede qui sotto sono stati approvati di recente. Tra poco aggiungerò quelli di Rezzago e di Maslianico. E’ per mio merito se molti comuni hanno appicciato il proprio stemma sui cartelli stradali, veda Turate, Lurago, Limido. Appiano ha aggiunto quello originale. Capiago ha preso il mio stemma colorato e molte amministrazioni si sono sentite spronate a prendersi cura del proprio simbolo. Scusi se è poco. Io ne sono orgoglioso e non mi pento di aver intrapreso questo cammino tra le mille difficoltà del mio lavoro di medicina d’urgenza. Grazie anche per aver presentato il mio libro a Parolario della scorsa edizione. Carletto Genovese
Mario Mascetti dice
Caro dott. Genovese,
i colori che riecheggiano la bandiera italiana nello stemma di Ronago sono stati “voluti”. In un primo tempo pensavo di eliminare la campagna verde e lasciare solo il portone di rosso sul campo d’argento. Scelta esteticamente, credo, migliore. Poi, nel leggere tra le carte dell’Archivio di Stato di Milano il processo politico fatto nel 1832 al marchese Gaspare Rosales, è uscito per testimonianza di un oste di Chiasso interrogato dalla polizia austriaca a Milano, che i patrioti milanesi che si recavano a Chiasso per incontrarsi nella sua osteria con gli emissari dei carbonari esuli a Parigi, arrivavano dalla strada di Trevano Inferiore-Ronago (proprio la stessa del portone e dei bambini esposti). Perciò, proprio per rimarcare la valenza della storia di Ronago nella storia dell’unità d’Italia (a parte il fatto che ci sono due valichi dove sventola tutti i giorni la bandiera tricolore a differenza degli altri paesi non di frontiera), ho chiesto di mantenere la campagna verde, così da fare un riferimento al tricolore. Del resto, il primo sindaco di Ronago, di famiglia mendrisiense, Antonio Tamanti, fu un cospiratore mazziniano e combatté nella prima guerra di indipendenza nelle file della colonna Arcioni. Non va nemmeno dimenticato che da Ronago espatriava clandestinamente Ferruccio Parri nel 1944-45 per incontrarsi a Lugano con i rapprresentanti delle potenze alleate.
Se tutto questo non giustifica il richiamo in qualche modo del tricolore, come caratteristica “storica” di Ronago, ci dica quale altro colore o smalto sarebbe stato meno semplicisticamente appropriato e più nobilitante. O sente anche lei, come i leghisti, allergia al tricolore? Io credo di essere per razza e nell’anima più lombardo di tutti i leghisti messi insieme; ma con ciò non nego la storia del mio paesello di nascita.
È così sbagliato significarla nello stemma? E allora uno stemma in che modo può rappresentare l’identità di un comune, se non tiene conto della sua storia? Con le teorie araldiche astratte?
Cordialmente
Mario Mascetti
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admin dice
La ringrazio per la pronta replica. Sono felice di ospitarla aggiungendo delle postille assolutamente inedite circa gli stemmi della provincia di Como. Ho molto da imparare ed è per questo che rimango in adorata devozione verso la sua enciclopedica conoscenza della storia comasca. Lei sarà sempre graditissimo ospite, non per nulla l’avevo cercata prima ancora della stesura del libro. Un caro saluto