Nelle città e nei piccoli paesi, durante la nostra quotidiana esistenza, gli stemmi ci guardano silenziosi.
Vengono per lo più ignorati, non ci rendiamo conto che testimoniano la nostra storia, la storia collettiva di un popolo, del suo passato e delle nostre famiglie.
Passeggiando per i centri cittadini sono ovunque, raffigurati sui portoni di ville, sulle fiancate delle macchine della polizia, sui cartelli stradali, sulle lesene delle chiese, sui tombini, sulle bandiere e sulle insegne delle banche e dei negozi.
Gli stemmi sono la finestra aperta sul nostro passato, sono la testimonianza della nostra civiltà.
Sebbene si riducano a semplici pittogrammi, ci rimandano quasi sempre a simboli primordiali, ci ricordano i valori nobili della nostra civiltà, i principi morali seguiti dai nostri padri, ci parlano dei valori di eroi scomparsi, ma ci tramandano anche sofferenze e dolori di un popolo.
La bellezza dei disegni, i colori cangianti e contrastanti, la semplicità delle forme, entrano nell’animo umano e ci rendono più consapevoli delle nostre origini.
La sagoma sinuosa di un leone rampante, il profilo superbo e fiero di un’aquila che spiega il volo, il verde dell’albero che si staglia dietro un castello, l’argento della spada manicata d’oro, le fiamme rosse che divorano la Fenice, destano meraviglia e stupore.
Attraverso la nostra ammirazione, la storia di un paese, le sue battaglie, le morti, il valore del coraggio, le singole persone che hanno fatto parte di una comunità, ritornano in vita.
Lo stemma racchiude la storia, in un’immagine viene evocato un passato che si perde fin nei tempi bui del Medioevo e talvolta, ancor prima.
È la storia dell’impero romano, che ha diffuso in Europa il seme della civiltà; la storia delle autonomie comunali e delle sanguinose lotte nobiliari. Infine, purtroppo, la storia delle aggressioni e del dominio di genti straniere che hanno invaso il nostro territorio.
Gli stemmi, sopravvissuti a questo lunghissimo e travagliato processo, seguono la modernità del nostro tempo e assurgono a spirito hegeliano come una carezza sulla nostra fragilità umana dopo secoli di sangue, sofferenze, fame e carestie. Ci rendono coscienti di vivere in un preciso momento della storia, fieri dei valori che consegneremo ai nostri figli.
Senza stemmi non potremmo fino in fondo capire i nostri padri. Dovremmo meravigliarci di più dei nostri simboli, guardarli con interesse maggiore, capirne il significato intimo.
Spero che questo libro riesca ad offrire un modesto contributo sulla nostra storia di cittadini comaschi, facendo luce sul nostro passato.
Carletto Genovese