Inquartato; nel primo, d’azzurro, alla vecchia chiesa di Sant’Alessandro, posta sopra un monte di verde nascente dalla punta, il tutto al naturale; nel secondo e nel terzo: inquartato: nel primo e quarto d’oro, alla gemella doppiomerlata d’azzurro posta in banda e accompagnata da due stelle d’otto raggi dello stesso; nel secondo e terzo d’azzurro, al pino terrazzato di verde, col palo di rosso attraversante sull’inquartato e caricato del gonfalone e delle chiavi pontificie (Sfrondati della Riviera); nel quarto, d’argento, alla torre al naturale, torricellata e merlata alla ghibellina di un pezzo, aperta e finestrata del campo, mattonata di rosso.
Si riconosce la mano dell’ingegnere Camillo Ghisi, lo stesso che ha disegnato anche lo stemma di Barni. I due scudi sono sostanzialmente identici perché riportano l’emblema integrale della famiglia Sfrondati della Riviera e la stessa figura del castello. La differenza sta nella prima parte dello scudo; in quello di Barni campeggia il faggio, mentre in quello di Lasnigo è raffigurata al naturale la famosa chiesa di Sant’Alessandro adagiata su un dolce rilievo all’inizio del paese, provenendo da nord. Lo stemma non è mai stato approvato ufficialmente nonostante gli sforzi del sindaco Patrizia Mazza che, nel 2004, ripropose all’Ufficio Araldico della Presidenza del Consiglio dei Ministri lo stesso disegno del Ghisi. Il pomo della discordia, oltre alla complessità dello stemma che non può essere riprodotto in forma piccola, sui bolli e sulla carta intestata, sta proprio nella raffigurazione della preziosa chiesa. L’Ufficio Araldico suggerì di modificare il disegno riproponendo un solo elemento dell’intera struttura, quali ad esempio le cappelle votive o il campanile. L’orgoglio del piccolo paese ormai è tutto radicato in questo stemma, appartenente alla communitas lasnighensis da più di un secolo.